Sei a casa, stanco dopo una giornata pesante. Hai mille pensieri in testa, ma non te la senti di parlarne con nessuno, forse perché non vuoi “disturbare” o forse perché ti sembra troppo difficile spiegarti. Allora apri un’app e scrivi “mi sento a pezzi”e in un attimo arriva una risposta gentile, accogliente, rassicurante. Non da un amico, né da un terapeuta, ma da un’intelligenza artificiale.
Qualche tempo fa questo sarebbe sembrato fantascienza, ma è già realtà per milioni di persone. E forse è già successo anche a te che stai leggendo.
Molte persone, infatti, si rivolgono a strumenti digitali per affrontare momenti difficili. Chatbot, app per la salute mentale, assistenti virtuali: sono disponibili 24 ore su 24, non chiedono spiegazioni, non giudicano, e rispondono subito. Ma possiamo davvero affidarci a queste tecnologie per prenderci cura della nostra salute mentale e del nostro benessere emotivo?
Perché sempre più persone parlano con un’IA quando stanno male?
Ci sono motivi molto comprensibili:
- È sempre disponibile, anche di notte o nei weekend
- Non costa nulla (o poco) e, di conseguenza, non crea stress “economico”
- Sembra più facile aprirsi: non c’è imbarazzo, né paura di essere giudicati
- Può offrire strumenti utili per gestire momenti difficili: esercizi di respirazione, diario emotivo, tecniche per calmarsi
In momenti in cui ci si sente soli, confusi o sopraffatti, l’idea di “parlare” con un’IA può sembrare una soluzione pratica, e a volte, persino salvifica. Ma è davvero la stessa cosa di un incontro con uno psicologo? Ma soprattutto: quali sono i rischi?
I possibili vantaggi (se usata correttamente)
L’intelligenza artificiale può essere un valido alleato se viene integrata in percorsi di consulenza psicologica o di psicoterapia. Ad esempio, può aiutare una persona a:
- Ripassare tecniche già imparate in terapia (es. esercizi di respirazione, visualizzazioni)
- Organizzare pensieri e emozioni prima di un incontro con lo psicologo o con lo psicoterapeuta
- Trovare compagnia in momenti di solitudine emotiva (con il rischio, però, che diventi l’unico interlocutore e contribuire, così, ad incrementare la solitudine)
- Ottenere informazioni psicoeducative su ansia, depressione, attacchi di panico (che però potrebbero non essere corrette o potrebbero essere parziali o inadeguate)
Molti studi mostrano che un uso consapevole può effettivamente ridurre l’ansia o migliorare la capacità di autoregolazione emotiva, ma, e qui viene il punto delicato, solo se usata come strumento, non come sostituto di un percorso psicologico o psicoterapeutico.